“Here and Now”, il primo album del chitarrista Alessandro Iachini: l’intervista

Si intitola "Here and Now" il primo album del chitarrista Alessandro Iachini (Tuscania, 1997), giovane talento del jazz italiano. Un progetto che non è soltanto una dichiarazione artistica, ma anche un manifesto generazionale: suonare “qui e ora”, ascoltarsi, contaminare linguaggi diversi con consapevolezza tecnica e slancio creativo. L’uscita del progetto è prevista nei prossimi mesi.

Iachini si è formato nei conservatori italiani, dove ha conseguito la laurea con il massimo dei voti e la menzione accademica. Ha studiato con maestri del calibro di Umberto Fiorentino, Fabrizio Sferra, Ramberto Ciammarughi e Maurizio Giammarco, e ha già collaborato con nomi importanti della scena nazionale: Claudio Colasazza, Paolo Damiani, Pietro Lussu, Luca Bulgarelli, Marco Valeri, oltre all’Orchestra Nazionale Jazz dei Conservatori Italiani diretta da Pino Jodice e alla Big Band dell’Esercito Italiano in occasione dell’apertura di Umbria Jazz 2024.

Il suo debutto discografico, "Here and Now", propone sette composizioni originali e uno standard, ed è il frutto di una ricerca stilistica che intreccia armonie jazzistiche moderne, improvvisazione, elettronica e suggestioni progressive. Iachini costruisce così un paesaggio sonoro contemporaneo, ricco di contrasti e spazi, dove rigore formale e libertà espressiva si alternano con naturalezza.

“La musica è condivisione e unione: se la rispettiamo nella sua vera essenza, ha il potere di arricchire l’individuo, offrendo opportunità di crescita sia sul piano umano che tecnico”, dice Alessandro Iachini. La forza dell’album risiede nella profonda intesa tra i musicisti coinvolti, un interplay autentico che nasce dal rispetto reciproco e dall’assenza di gerarchie. La musica, qui, è un atto collettivo, in cui l’energia del presente si trasforma in visione sonora.

I collaboratori

Logan Richardson – Sassofonista statunitense di fama internazionale, noto per la sua originalità e la capacità di reinventare il linguaggio jazzistico. Ha collaborato con Pat Metheny, Gerald Clayton, Walter Smith III e ha all’attivo un’esibizione al celebre NPR Music Tiny Desk.

Domenico Sanna – Pianista di grande sensibilità e versatilità, apprezzato per il suo stile armonico raffinato. Ha suonato con artisti come Greg Hutchinson, Ameen Saleem, Dyna Stephens, Bill Stewart, distinguendosi come una delle voci più eleganti del piano jazz italiano.

L’INTERVISTA

1) Quali sono le tue principali influenze musicali? "È difficile rispondere a questa domanda perché ne ho davvero tante. Ascolto di tutto: musica classica, rock, blues, pop, metal, jazz, techno, rap, musica sperimentale, elettronica... insomma, un po’ di tutto. Le influenze sono sempre cambiate insieme a me, seguendo le varie fasi della mia crescita. Il jazz, ad esempio, l’ho scoperto più avanti e me ne sono innamorato subito. La cosa bella dell’ascoltare generi diversi è che, con il tempo, l’orecchio si affina e ti spinge naturalmente a cercare qualcosa di nuovo, magari anche più complesso. Alla fine, direi che sono influenzato dalla musica che mi piace in quel momento, senza farmi troppi problemi di etichette o generi. Se suona bene, mi interessa!".

2) Che cosa ti entusiasma e che cosa ti delude del panorama jazz contemporaneo? "Mi entusiasmano diversi aspetti del panorama jazz contemporaneo: • La continua crescita del livello musicale. • La voglia di rinnovarsi, che aumenta sempre di più. • Le contaminazioni con altri generi musicali. • La sperimentazione. Quello che meno mi entusiasma: • La marginalizzazione mediatica, poiché spesso questo genere viene confinato a circuiti di nicchia o accademici, rendendo difficile l’accesso a un pubblico giovane e più ampio. • Il fatto che questo genere, così aperto alla creatività e con benefici importanti sulle attività cognitive, psicologiche e sociali dell’essere umano, non venga incluso nei programmi scolastici. • L’assenza dell’improvvisazione, sia come pratica musicale che come approccio mentale e umano, all’interno dell’educazione musicale. L’improvvisazione e il jazz dovrebbero essere centrali non solo come tecniche, ma come attitudine: reintegrarli nelle scuole arricchirebbe non solo i futuri musicisti, ma anche i cittadini".

3) Cosa consigli a un giovane musicista che sogna di unire tecnica, espressione e visione personale? "Beh, il problema è proprio nella domanda stessa... già il fatto di sognare tecnica, espressione e visione personale significherebbe molto. Temo che ora la moda sia quella di tentare di apparire, bypassando quella che è la base: conoscere almeno un minimo di storia della musica, così da poter individuare i miti che ci hanno preceduto e che ancora oggi ci influenzano, per poi imitarli e prenderne ispirazione. In secondo luogo, ma non per importanza, c’è la voglia di essere curiosi nell’ascoltare tanta musica e magari capire come funziona. Avete mai visto un cuoco che non conosce gli ingredienti o la storia culinaria di un piatto? Ecco, è un po’ la stessa cosa…".

4) Hai collaborato con giganti del jazz italiano e con artisti internazionali come Logan Richardson: che tipo di tensione creativa nasce in questi incontri? "Non c’è alcuna tensione, ma il libero e pacifico scambio di opinioni per un fine comune. È un dialogo aperto tra musicisti che condividono idee, si influenzano a vicenda e lavorano insieme per costruire qualcosa di nuovo e significativo. La musica fa proprio questo. Insisto affinché venga dato il giusto peso psico-pedagogico e sociale a questa materia all’interno della nostra istruzione e società. La musica potrebbe alleviare tanti mali e creare unione in un mondo che al momento sembra molto diviso".

5) Ci sono stati momenti di conflitto artistico? "No, anzi! Voglio invitare artisti di vario genere e visione a unirsi per sperimentare. Magari è proprio dal sano confronto artistico – non conflitto, che è un termine che non mi piace – che si cresce e si creano cose nuove!".

Sito web: www.alessandroiachini.website.

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